5 per mille, una firma contro lo scippo di Stato

di Ettore Macchieraldo

 

Continua la campagna di Vita.it per fare sA� che il 5 per mille non diventi il 4 o il 3 per mille. Troverete che siamo insistenti. Per firmare cliccate QUI.

Continuiamo a insistere perchA� riteniamo che questa iniziativa sia importante. Il volontariato, il no profit, le pratiche sociali sono in questo momento le realtA� che stanno indicando delle vie d’uscita dal vicolo cieco in cui siamo finiti.

Non A? facile spiegarlo, A? piA? facile sperimentarlo. Se frequentate un’associazione, una cooperativa sociale un ente no profit capirete quello che intendo. Queste pratiche sociali non hanno creduto che fossimo nel migliore dei mondi possibile e, ora, sono il punto di partenza per cambiare.

Cerco di spiegarlo con le parole di una persona per me importante: Franco Fortini. Quello che riporto A? parte di un suo articolo del 1986.

 

IL RUOLO TERAPEUTICO DELLE PRATICHE SOCIALI

Franco Fortini

da “Le minoranze possono farci uscire dal secolo dell’orrore”, Il manifesto del 28 ottobre 1986

[…]

Una volta avrei capito subito che cosa si intendesse con <<pratiche sociali>>; oggi, ma dubitosamente, credo che si alluda alla��area vastissima e giustamente imprecisa, che A? oggetto di volontariato o semi-volontariato o di particolari attivitA� amministrative, dove si lavora a contatto di situazioni generalizzate, prodotte dalla societA� presente ma che, essa situazione, nelle proprie istituzioni, A? incapace di gestire e trasformare. A me pare che la particolare condizione di queste <<pratiche sociali>>, nel loro inevitabile ambiguo rapporto con le istituzioni dello stato del <<benessere>> o <<sociale>> (e con quelle sue sottosezioni che sono i partiti) le volga a qualcosa che non A? soltanto fattuale, empirico, immediatistico bensA� a qualcosa che <<deve>> o <<dovrA�>> essere. La <<pratica sociale>> sembra, fortunatamente, eccedere proprio quel frazionamento degli uomini, quella reificazione in figure e ruoli che A?, a mio avviso, la��inevitabile e giA� ovunque visibile conseguenza delle prediche sulla <<fuga del centro>> e sulla fine dei progetti di futuro.

La��Occidente conosce benissimo questi corpi intermedi fra partecipazione e secessione. Ea�� inevitabile che i poteri centrali diffidino, tentino di inglobare o controllare o, al bisogno perseguitino, come fu con i Giansenisti e con gli anarchici. Questi microrganismi sono naturalmente terapeutici, sono libertA� e la portano, enzimi del corpo sociale e, come spesso ripetono, <<nel mondo ma non del mondo>>.

 

Nessuna di queste istituzioni di muto soccorso psichico e fisico, ideologico e corporeo, puA? evitare, come un qualsiasi Esercito della salvezza, il passaggio dalla minestra alla��opuscolo, al libretto rosso o verde, alla��invito a film, riunioni o feste; ma che dico, non puA? e neanche deve, perchA� il ruolo terapeutico di queste pratiche sociali A? proprio di essere un indice teso a qualcosa��altro, a un dover essere, a un <<oltre>> e, se non lo sono, allora valgono quanto il medico della mutua, i congressi dei partiti, il campionato di calcio o il Te Deum a Santiago.

Per dire tutto in una formula: la condizione che chiamiamo di libertA� a�� da qualcosa e per qualcosa a�� non A? terapeutica o lo A? solo se contiene in sA� la possibilitA� di un superamento di se stessa ossia una obbligazione e un impegno, quindi una accettata limitazione di se stessa per un fine e un orizzonte ulteriori. Quanto affermo va contro il costume intellettuale ereditato dal progressismo. In una societA� che non vuole sentirne parlare (o vuol sentirne parlare soltanto <<a destra>> ossia con ben precise garanzie di ordine sociale) quanto affermo implica anche considerare terapeutico ciA? che indirizza gli investimenti libidinali verso quel che oltrepassa la nostra biografia, dunque verso una repressione.

Non sarA� possibile mutare il presente senza minoranze che sviluppino e pratichino terapie e autoterapie mirate direttamente alla fuoriuscita dal secolo degli orrori e stupiditA� cui siamo avvezzi. Sotto la sua pupilla di Medusa, la��esperienza della prima metA� del secolo ci ha pietrificati a segno che queste mie parole appaiono, nella piA? benevola delle ipotesi, come patologia autoritaria. Rassicuriamoci, non propongo la��Opus Dei nA� la Terza Internazionale. Ho detto <<minoranze>>, ma quello di cui sto parlando riguarda tutti, terapeuti e pazienti, portari di salute e di un possibile rationale obsequium, di una razionale ubbidienza a quanto senza alcun dubbio si configura come una forma o figura di Super IO. Probabilmente A? quella di cui parla la Commedia quando in vetta al Purgatorio, allo homo viator chiamato Dante Virgilio dice che ormai incorona te sovra te, indicando il segno di una salute raggiunta non in una unitA� ma in una divisione accettata fra un sA� universale e un sA� particolare.

Anzi, il primo segno ed esercizio di una libertA� ricevuta o recuperata A? in quel processo ininterrotto di identificazione e di separazione, fra momento di autoritA� (interiore o esteriore) e momento di ubbidienza (interiore e esteriore). Ecco perchA� al celebre motto liberale <<La mia liberta finisce dove comincia la libertA� di un altro>>, non da oggi ma da un secolo si replica: <<La mia libertA� comincia esattamente e soltanto dove comincia la libertA� di un altro>>.

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